di Dario Canaccini
Abbiamo meraviglie sul nostro territorio che non molti conoscono, una di queste è l’acquedotto del Poccianti e ancor più quelle parti dell’acquedotto che per qualche mistero di rimozione collettiva sono rimaste un po’ nell’ombra rispetto alle più famose sorgenti. Una di queste sono le sue arcate più alte, le arcate sul Rio Corbaia o Botro dei Mulinacci come riportato sul catasto leopoldino, anche l’incertezza dei toponimi non rende merito alla particolarità del luogo.
Le arcate che qui si trovano sono alte più di 20 metri, scavalcano il torrente e la stretta valle. La prima volta che ci venni, per caso, cercavo quelle che sulla carta erano segnate come grotte (le cave di calcare) e percorrendo un sentiero un po’ chiuso, inaspettatamente, dopo essermi anche un po’ perso nella vegetazione, mi trovai davanti quest’opera imponente che pareva impossibile non ci fosse un cartello, un racconto sentito in giro, un sentiero largo per arrivarci.
La stessa valle, angusta, è una piccola meraviglia. Luogo sempre ombroso e raccolto presenta una vegetazione riparia fatta di carpino nero e del più raro carpino bianco. Il sottobosco è ricco di pungitopo e dal suolo in primavera spuntano le orchidee Celaphantera longifolia e soprattutto, in inverno, il bellissimo bucaneve, Galanthus nivalis, che sui monti livornesi si rileva nelle valli più strette dal microclima particolare, sicuramente più diffuso in epoche più fredde.
Poccianti, visionario, nell’ ‘800 avrebbe voluto che il suo acquedotto fosse percorribile e diventasse una lunga passeggiata che dal Cisternone nel centro di Livorno portasse attraverso le campagne e i boschi ai tempietti delle sorgenti, percorrendo il tragitto dell’opera monumentale. Ahimè la sua visione non fu presa molto in considerazione tant’è che la passeggiata fu interrotta dalla costruzione delle mura lorenesi progettate dall’ingegner Manetti che parlando dell’opera del Poccianti ebbe a dire “la solitudine che circonda quello stradone fuori città; dal suo sterile aspetto dei monti disabitati che gli fanno fronte; la mancanza lungo il suo percorso di praterie e boscaglie; il congiungersi né ad un parco né ad un villaggio né a qualsiasi altro interessante scopo, sono altrettante circostanze che faranno sempre preferire ai passeggiatori la via dell’Ardenza“. Una visione purtroppo rimasta per anni, la visione del “ma cosa ci investiamo a fare che non interessa a nessuno”, che pian pianino sembra invece interessare.
Feci per la prima volta l’escursione dalle arcate del Corbaia fino al Calvario nel 2015. Un’escursione delle mie preferite come tutte quelle che sono ritagliate fuori dai percorsi classici ma che nascondono quello che uno non si aspetterebbe mai di trovare. Forse mi sbaglio ma da quel che mi ricordo e ho visto era da tempo che nessuno ci portava dei gruppi organizzati, le arcate restavano nella memoria degli abitanti di Parrana e di pochi appassionati.
Ora che la passione per le escursioni in natura trova sempre maggior pubblico questo luogo sta diventando nuovamente conosciuto, noi di Selvatica quest’anno ci organizziamo due escursioni, la mia, un po’ più impegnativa, da Parrana al Calvario passando per le arcate, il 10 Febbraio https://www.selvatica.eu/10-febbraio-da-parrana-al-calvario-lacquedotto-la-pietra-che-lo-forgio/ e quella di Beatrice, un po’ più soft, adatta per famiglie e per chi vuole impegnarsi solo mezza giornata il 17 Febbraio https://www.selvatica.eu/17-febbraio-arcate-cave-e-bucaneve/