di Marco Lucchesi
Un piccolo “assassino nato”, proprio per questa sua caratteristica il gatto (Felis catus) ha trovato posto accanto alla nostra specie nel corso dell’evoluzione.
Fin dagli albori dell’agricoltura, nella Mesopotamia del Neolitico (circa 9500 a. C.), i primi granai dell’uomo attirarono topi, arvicole e, come nella famosa canzone di Branduardi “…poi venne il gatto, che si mangiò il topo…”. ovvero gli ancestrali gatti selvatici medio orientali si avvicinarono agli insediamenti umani proprio per ragioni trofiche. Ma non ci fu domesticazione in quel momento, anzi essa avvenne circa quattromila anni dopo, nel periodo di maggior sviluppo dell’Impero Egiziano, quando un gatto selvatico (il Felis lybica) più mansueto dei suoi parenti asiatici, instaurò un rapporto più stretto con l’uomo e, per così dire, fu “domato”. La diffusione di questa specie in Europa, senza una sostanziale selezione su di essa per l’utilizzo che ne veniva fatto (quello di sterminatore di topi), avvenne con tutta probabilità tramite i navigatori Fenici, che ne fecero apprezzare le qualità nel mondo “classico”.
La caratteristica di efficiente predatore del nostro micio (ricordiamo che il gatto è un carnivoro “obbligato”, ovvero fisiologicamente e morfologicamente adattato al consumo di carne) stanno, oggi, gettando un po’ di discredito addosso a questo animale. E’ di pochi giorni fa la notizia che, all’estuario del fiume Mandurah in Western Australia, un solo gatto introdottosi in un’importante colonia di sterne delle fate (Sterna nereis), ha ucciso 40 pulcini e 5 adulti, con il risultato di un abbandono del sito da parte di tutta la popolazione locale di questo raro uccello. Questo non è l’unico episodio che testimonia brutalmente l’impatto che questa specie può avere sulla biodiversità, molti studi hanno portato a programmi di eradicazione di intere colonie feline da ambienti insulari (a Pianosa è stata recentemente terminata un’operazione di questo tipo, ovviamente senza metodi cruenti), e ricerche condotte anche in ambiti continentali hanno fatto luce su quanto i “free-ranging cats“, ovvero i gatti, di proprietà o meno, liberi di circolare senza controllo, esercitino la loro perfetta tecnica predatoria su moltissime specie di Vertebrati e Invertebrati, con stime di mortalità da essi indotta che sono allucinanti: in una review del 2011 condotta negli Stati Uniti si parla di milioni di uccelli e milioni di mammiferi annualmente uccisi dai gatti domestici.
Ciò ha portato la comunità scientifica a classificare questo nostro compagno millenario come una delle più impattanti “alien species” (specie introdotte dall’uomo in territori ove esse non erano native). Ma la domanda è: come mai siamo arrivati a questo? La risposta non è semplice, ma verte sull’opinione che noi umani abbiamo del gatto.
Semplicemente andando a leggersi le normative che in Italia parlano della gestione di gatti e colonie feline si evince qualcosa che suona strano: nell’articolo 2 della Legge Nazionale 281/91, sugli animali d’affezione e sul randagismo, notiamo già una netta distinzione di atteggiamento verso il cane e il gatto. Il cane è “ceduto”, “detenuto”, “catturato”, “regolarmente tatuato”, ecc.., il gatto “vive in libertà” ed è “gestito” in questo contesto. Ovvero, noi uomini siamo certamente proprietari dei nostri cani, invece i nostri gatti sono forse considerati un po’ proprietari di sé stessi, quindi è normale che il controllo che operiamo su di essi sia labile, andando a giustificare, per questa specie, una vita nell’ambiente naturale che invece non dovrebbe essere, in quanto il gatto, sicuramente domesticato in modo diverso rispetto al cane, è pur sempre, come quest ultimo, un nostro “prodotto” evolutivo e come tale andrebbe gestito. Un approccio gestionale più stringente per i gatti di casa si sta lentamente facendo strada tra i proprietari di felini. Si sta cercando una via per non snaturare l’animale, senza però che la nostra passione per esso conduca a danni come quelli di cui ho parlato prima.
La problematica, però, sta nella capacità delle istituzioni, degli amministratori e dei politici che ci governano di cogliere questo cambiamento, adattando le normative sulla base delle evidenze scientifiche. Per il bene del gatto, dell’ambiente in cui viviamo e di molte altre specie animali che hanno diritti come e quanto i nostri adorabili “assassini nati”
Per approfondire:
1. “The palaeogenetics of cat dispersal in the ancient world”. Claudio Ottoni et al., 2017. NATURE ECOLOGY & EVOLUTION 1, 0139.
2. “The impact of free-ranging domestic cats on wildlife of the United States”. Scott R. Loss, Tom Will & Peter P. Marra, 2013. NATURE COMMUNICATIONS | 4:1396.
3. “Protocollo di cattura e rimozione gatti inselvatichiti dell’isola di Pianosa”. Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca Ambientale. Relazione tecnica PROGETTO LIFE13 NAT/IT/000471 “Island Conservation in Tuscany, Restoring Habitat not Only for Birds”.